Napule, sovrannummenata 'a capitale d''o mediterraneo, capoluoco d''a pruvincia omonima e ''a reggione Campania, è na cità 'e circa nu melione 'e abetante e 4.400.000 perzone 'int'â ll'area metropolitana (cuntenente pure zzone d''a pruvincia 'e Caserta, Avellino e Salierno). Napule, 'a terza cità d'Italia ppe ggente, è 'o cchiù gruosso ammazzuccato urbano d''o paese doppo chillo 'e Milano ed è settema 'int' 'a crassifeca d''e aree urbane cchiù pupulose d'Europa. È 'a notà pure ca a Napule risede nu quinto d''a pupulazione reggionale 'ntera e 'int' 'a pruvincia soja cchiù ca 'a mità 'e éssa. ' Come arrivare a napoli

Palazzo Reale

Il Palazzo Reale di Napoli, che ha il suo ingresso principale nell'attuale Piazza del Plebiscito, fu costruito nel 1600 da Domenico Fontana durante il vicereame del conte di Lemos don Ferrante Ruiz de Castro y Andrada. Esso avrebbe dovuto ospitare il re Filippo III di Spagna, in occasione di una sua visita a Napoli; ma poiché la visita non avvenne mai il palazzo divenne la residenza del viceré. Negli anni successivi fu la residenza dei sovrani austriaci, dei Borbone e dei Savoia.
Durante gli anni 1806-1815 fu arricchito da Gioacchino Murat e Carolina Bonaparte con decorazioni e arredamenti neoclassici, provenienti dalle Tuileries; fu danneggiato da un incendio nel 1837 e successivamente restaurato dal 1838 al 1858 per mano di Gaetano Genovese che ampliò e regolarizzò, senza stravolgerla, l'antica fabbrica.
Durante quel periodo furono aggiunte alla struttura L'Ala delle Feste e una nuova facciata prospiciente il mare, caratterizzata da un basamento di bugnato e da una torretta-belvedere. Ad angolo con il Teatro San Carlo fu invece creata una piccola facciata in luogo del Palazzo Vecchio di don Pedro de Toledo.
Nel 1888, per volere di Umberto I, le nicchie esterne furono occupate da gigantesche statue dei re di Napoli: Ruggero il Normanno, Federico II di Svevia, Carlo I d'Angiò, Alfonso I d'Aragona, Carlo V d'Asburgo, Carlo III di Borbone, Gioacchino Murat e Vittorio Emanuele II di Savoia.
I bombardamenti subiti durante la Seconda guerra mondiale e le successive occupazioni militari causarono al palazzo gravissimi danni che resero necessario un restauro ad opera della Soprintendenza ai Monumenti.

Esterno

La facciata a basamento porticato con due ordini di finestre è lunga 169 metri, nel suo centro sono evidenti gli stemmi reali e vicereali. Essa conserva le forme classicheggianti originarie, fatta eccezione di quelle del portico, dove nella seconda metà del Settecento, per opera del Vanvitelli, furono chiusi alternativamente i varchi per aumentare la solidità dell'edificio, dando vita ad arcate chiuse a nicchie. In seguito, con i restauri dell'Ottocento, furono aggiunte a entrambe le estremità della facciata due arcate cieche sormontate da una terrazza.
Entrati nel Palazzo si accede al Cortile d'Onore che conserva l'impronta architettonica del Fontana. Di fronte vi è una fontana ottocentesca con la statua della Fortuna. A sinistra, vi sono i Giardini mentre a destra il Cortile delle Carrozze e il Cortile del Belvedere.

Interno

Si accede all'Appartamento storico per il monumentale e luminoso Scalone d'onore che fu progettato nel 1651 da Francesco Antonio Picchiatti e successivamente sistemato e decorato da Gaetano Genovese tra il 1838 e il 1858. Lo Scalone è decorato da marmi bianchi e rosati, da trofei militari e bassorilievi allegorici. Notevole la ricca balaustra di marmo traforato. Nella zona superiore vi sono monumentali statue in gesso che rappresentano la Fortezza, la Giustizia, la Clemenza e la Prudenza. Alla fine dello Scalone si accede al luminosissimo Ambulacro, circondato da vetrate ottocentesche. Eleganti stucchi decorano le volte dei corridoi.
Appartamento Reale
E' adibito a museo con il nome di Appartamento Storico dal 1919. Durante la visita si possono ammirare le stanze reali di etichetta al Piano nobile, che non hanno subito alcun cambiamento. Negli anni '70 del Novecento alcune stanze sono state adibite a galleria di opere d'arte e ordinate in base a criteri tematici e storico–stilistici.
Le stanze e gli arredi usati più quotidianamente non ci sono giunti, per i gravi danni e le spoliazioni subite dal palazzo durante l'ultima guerra. Essa ha danneggiato anche i parati borbonici, rifatti nella metà del XX secolo sugli stessi telai antichi delle Seterie Borboniche della Fabbrica di San Leucio presso Caserta.
Le testimonianze più importanti della decorazione seicentesca d'origine sono gli affreschi di soggetto storico di gusto tardo-manierista che abbelliscono le sale più antiche con cicli di pitture destinate ad esaltare gloria e fortuna degli spagnoli vincitori.

Sala I: Teatrino di corte
Fu allestito da Ferdinando Fuga nel 1768. Anche se fu molto danneggiato nell'ultima guerra (la volta è della metà del XX secolo), conserva le originarie dodici statue in cartapesta dello scultore Angelo Viva raffiguranti Apollo, Minerva, Mercurio e le nove Muse. Il Teatrino ospitò rappresentazioni delle opere di Paisiello e Cimarosa. Si passa nella sala successiva attraverso due delle oltre cinquanta porte di legno dipinto su fondo d'oro, opera di un ignoto ornamentista vissuto tra il Settecento e l'Ottocento, decorate con eleganti motivi fantastici, vegetali e animali, di gusto pompeiano.

Sala II: Sala diplomatica
Nella seconda sala, denominata anche Anticamera di Sua Maestà, si riuniva il seguito delle delegazioni diplomatiche ricevute nella Sala del Trono. Sulla volta vi è il dipinto di Francesco De Mura che rappresenta L'allegoria delle virtù di Carlo di Borbone e Maria Amalia di Sassonia. La sala, tappezzata di lampasso rosso, è arricchita da maestosi mobili neobarocchi, mentre alle pareti vi sono due arazzi Gobelins della serie delle allegorie degli elementi: il Fuoco e l'Aria, tessuti da Louis La Tour su cartoni di Charles Lebrun destinati alla celebrazione del potere del re Luigi XIV di Francia.

Sala III: Saletta Neoclassica
Al centro della sala vi è una Ninfa alata di G. De Crescenzo, mentre alle pareti due importanti documenti riguardanti Palazzo Reale: lo scalone di Palazzo Reale di Antonio Dominici e la Cappella Reale di Elia Interguglielmi, dipinti in occasione delle nozze per procura delle principesse Maria Teresa e Maria Luisa di Borbone avvenute nel 1790 con i cugini austriaci Francesco II d'Asburgo e Ferdinando II di Lorena.

Sala IV, o Seconda Anticamera di Sua Maestà: Fasti di Alfonso il Magnanimo
Belisario Corenzio, aiutato dai collaboratori della sua bottega, dipinse sulla volta della seconda anticamera l'affresco che rappresenta i Fasti di Alfonso il Magnanimo, fondatore del regno aragonese di Napoli. I vari scomparti, ognuno con una didascalia in spagnolo, raffigurano: al centro, Investitura reale di Alfonso; seguono, in senso orario, Alfonso di Aragona entra in Napoli; Cure per le arti e le lettere; Sottomissione della città di Genova; Consegna ad Alfonso dell'ordine del Toson d'oro. Alle pareti due dipinti di Massimo Stanzione, tra cui San Pietro consacra Sant'Aspreno primo Vescovo di Napoli.

Sala V: Terza anticamera
Sulla parete centrale della sala un arazzo con il Ratto di Proserpina di Pietro Duranti testimonia l'attività della Reale Arazzeria di Napoli. Il soffitto del 1818 è di Giuseppe Cammarano e raffigura Pallade che incorona la Fedeltà.

Sala VI: Sala del Trono
E' il luogo dell'autorità nel quale il re riceveva tutti i suoi ospiti. Il trono di legno dorato, con i leoni di stile impero sotto i braccioli, può essere datato intorno al 1850, mentre il baldacchino risale al Settecento. Alle pareti vi sono ritratti di personaggi realmente esistiti, dal Seicento all'Ottocento, tra cui il Ferdinando I di Vincenzo Camuccini. Sul soffitto del 1818 invece vi sono personificazioni delle quattordici provincie del Regno delle Due Sicilie con stemmi araldici e insegne del regno.

Sala VII
Nella Sala VII vi è un ciclo di dipinti che rappresenta le Storie bibliche di Giuditta di Tommaso de Vivo.

Sala VIII: Salone degli Ambasciatori
L'antica galleria risale al terzo decennio del Seicento. La volta conserva uno degli affreschi più antichi del palazzo, i fasti della Casa di Spagna in quattordici riquadri, opera di Belisario Corenzio, Onofrio e Andrea de Lione. Il ciclo di Marianna d'Austria del quinto decennio del secolo XVII, presenta agli angoli lo stemma degli Asburgo, ed è opera di Massimo Stanzione.

Sala IX: Sala di Maria Cristina di Savoia
Questa, che in precedenza era denominata Sala dei Ministri, è stata poi intitolata in ricordo della regina di Napoli, prima moglie di Ferdinando II, morta nel 1836 dopo aver partorito il futuro re Francesco II e proclamata beata per le eccelse virtù di cristiana. Tra i dipinti La strage degli innocenti di Andrea Vaccaro e Andata al Calvario attribuita a Decio Tramontano, due grandi vasi di Sevres del 1820 circa raffigurano Le Stagioni.

Sala X
La Sala X è l'oratorio privato di Maria Cristina e, alle pareti, presenta Storie della Nascita di Cristo di Francesco Liani. Da questa sala si esce sul Giardino Pensile, detto anche Loggia o Belvedere, edificato nella seconda metà del ‘600, esso si presenta oggi nella sistemazione ottocentesca dell'architetto Genovese, decorato con fontane, aiuole fiorite e, al centro, un tavolo di marmo e panchine neoclassiche. Prima Carlo poi Ferdinando di Borbone avevano la loro camera che affacciava sul Giardino. Nell'Ottocento l'accesso al giardino era consentito direttamente anche dall'attuale Sala XX mediante un ponte in ghisa, poi distrutto dai bombardamenti della guerra; dal Giardino Pensile è tutt'oggi possibile godere di una delle più belle viste del Golfo di Napoli, dal Vesuvio alla Penisola sorrentina fino a Capri.

Sala XI: Sala del Gran Capitano
Il soffitto di questa sala rappresenta una delle testimonianze più preziose rimaste della primitiva decorazione seicentesca del palazzo. È stato dipinto da Battistello Caracciolo nella seconda metà del Seicento e raffigura La conquista del Regno di Napoli operata nel 1502 da Consalvo di Cordova, primo viceré spagnolo di Napoli, detto il Gran Capitano.

Sala XII: Sala dei Fiamminghi
E' chiamata così per i ritratti del Seicento olandese provenienti dalla Galleria Reale di Palazzo Francavilla a Chiaia e comprati a Roma per Ferdinando IV di Borbone nel 1802. Sulla console murattiana è posto un rarissimo orologio musicale di Charles Clay, proveniente da Londra e risalente al 1730, con carillon e figure mobili. Al centro della sala vi è una fioriera con una gabbietta per uccelli attribuita alla Manifattura Popov di Gorbunovo presso Mosca, donata dallo Zar Nicola I a Ferdinando II in occasione del suo viaggio a Napoli nel 1846. Il soffitto reca stemmi delle province del Regno e un affresco di G. Maldarelli: La Magnanimità di Tancredi d'Altavilla verso Costanza d'Aragona sua prigioniera.

Sala XIII: Studio del Re
Lo studio del re è del tempo di Gioacchino Murat. I mobili di stile impero furono lavorati a Parigi proprio tra il 1809 e 1811 dall'ebanista Adam Weisweiler. Alle pareti paesaggi napoletani della Scuola di Posillipo, sulla volta una tempera su intonaco di G. Cammarano del 1840: Alfonso di Calabria libera Otranto dai Turchi.

Sala XIV: Sala del Seicento Napoletano
Già stanza della regina, è la prima di una serie di stanze decorate nel ‘700 per formare l'appartamento di Maria Amalia di Sassonia, sposa di Carlo III di Borbone; in questa sala sono esposti dipinti del Seicento Napoletano. Di Andrea Vaccaro sono La favola di Orfeo che incanta gli animali e L'incontro di Rachele e Giacobbe. Un monumento di straordinaria importanza nell'ambito della storia e della pittura è la pala di Luca Giordano: San Gennaro invoca la fine della Peste a Napoli. Straordinario il soffitto con una particolare decorazione a "ramages" di stucchi bianchi e oro risalente al Settecento. Al centro è un tavolino con pietre dure commesse su un fondo di porfido dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, dono del Granduca di Toscana Leopoldo II a Ferdinando I di Borbone.

Sala XV: Sala della Pittura di Paesaggio
Nella sala sono dipinti paesaggi dal Cinquecento all'Ottocento; al centro un tavolino in marmi commessi, donato dal barone Manganelli a Ferdinando II di Borbone nel 1830. Il soffitto e le specchiere risalgono al tempo di Carlo di Borbone. Di A. De Aloysio Posa della prima pietra della Chiesa di San Francesco di Paola del 1817.

Sala XVI: Sala di Luca Giordano
Il raffinato soffitto con stucchi bianco–oro è del tempo di Carlo di Borbone; i mobili sono di stile neoroccocò e di manifattura napoletana. Tra i dipinti una serie di battaglie ispirate all'antichità di Luca Giordano nella sua fase barocca ispirata a Pietro da Cortona.

Sala XVII: Sala della pittura del Seicento
Da questa sala si accedeva nel ‘600 alla Sala dei Viceré (oggi Sala XII). Tra i dipinti che raffigurano gli sviluppi meridionali e romani della pittura del Seicento, il famoso Ritorno del figliol prodigo di Mattia Preti e il Cristo tra i dottori di Giovanni Antonio Galli detto Lo Spadarino.

Sala XVIII: Sala della pittura emiliana
Qui sono raccolti dei dipinti del Seicento emiliano provenienti dalla collezione Farnese, che fu ereditata da Carlo di Borbone e trasportata a Napoli. Di Bartolomeo Schedoni La Sacra Famiglia nella bottega di San Giuseppe ed Elemosina di Santa Elisabetta del 1613. Del Guercino Il Sogno di San Giuseppe.

Sala XIX: Sala delle nature morte
E' possibile ammirare in questa sala numerosi esempi sei e settecenteschi del genere che, a Napoli, ebbe grandissima fortuna soprattutto nel Seicento, sulla scia della tradizione fiamminga.

Sala XX
: Sala Neoclassica
Già Sala delle Colonne, essa è caratterizzata dal gusto neoclassico sia nell'ambiente sia nelle opere esposte. Alle pareti incisioni di Tischbein ispirate ai vasi greci di Lord Hamilton. Al centro della sala è posto un tavolino di bronzo patinato e dorato con marmi commessi, che riprende la forma di oggetti di scavo provenienti da Pompei.

Sala XXI: (Già Sala dei Pilastri)
Notevole un centrotavola di epoca napoleonica.

Sala XXII: Salone d'Ercole
Il salone, già Sala dei Viceré, costruito a metà del ‘600, accolse una serie di ritratti dei Viceré. Oggi presenta arazzi della serie di Amore e Psiche della Reale Fabbrica di Napoli, tessuti da Pietro Duranti su cartoni di Fedele e Alessandro Fischetti, tra il 1783 e il 1789. L'assetto risale alla metà del secolo scorso quando acquisì la funzione settecentesca di salone da ballo. Da notare anche l'orologio del parigino Thuret, attivo nella prima metà del Settecento che rappresenta Atlante che regge il mondo.

Sala XXIII
Alle pareti vi sono alcuni dipinti di Francesco Celebrano che raffigurano Le Stagioni, destinati a un sito di campagna dei Reali Borbonici, forse Carditello.

Sala XXIV: Sala di Don Chisciotte
Sono esposti i bozzetti dipinti da pittori napoletani destinati a diventare modelli per la tessitura di una grande serie di arazzi e della fabbrica di Napoli, tra il 1758 e il 1779, oggi al Palazzo del Quirinale a Roma. Il tema riprodotto è quello delle avventure di Don Chisciotte.

Sala XXV: Sala della pittura di paesaggi napoletani dell'Ottocento
In questa sala sono conservati alcuni dipinti di Pasquale Mattei raffiguranti le feste del Regno: La festa di Santa Rosalia a Palermo del 1855, La fiera di San Germano in Abruzzo del 1851, La processione del Corpus Domini a Montecassino del 1858 e La processione al Santuario della Madonna del pozzo a Capruso presso Bari del 1853. Di Salvatore Fergola sono invece alcuni paesaggi: La foresta al tramonto ed I naufraghi al chiaro di luna.

Sale XXVI, XXVII e XXVIII: Affreschi di Domenico Antonio Vaccaro
Tra gli altri : L'allegoria dell'unione matrimoniale e L'allegoria della Maestà Regia che decoravano i passetti ai lati dell'alcova della regina Maria Amalia di Sassonia.

Sala XXIX: Sala delle guardie del corpo
Vi si trovano arazzi di manifattura napoletana: L'Aria, La Terra e L'Acqua, tessuti dopo che macchinari e arazzieri dall'arazzeria Granducale di Firenze, ormai chiusa, sono stati trasferiti a Napoli per dare vita alla Reale Fabbrica Borbonica.

Sala XXX: Cappella Reale
Dedicata all'Assunta, fu costruita nella metà del XVII secolo su disegno di Cosimo Fanzago ed è stata centro della vita musicale napoletana tra il XVII e XVIII secolo. Durante il rifacimento di Antonio de Simone e Gaetano Genovese risalente alla prima metà del XIX secolo l'originario impianto barocco è rimasto inalterato, ma l'apparato decorativo è stato modificato radicalmente. È del Cammarano il cassettonato ligneo nel catino absidale, con dipinti raffiguranti L'Eterno Padre tra Gesù Cristo, la Vergine e gli Evangelisti, gli angeli e i cherubini, ispirato all'arte bizantina, insieme alle allegorie della Fede, della Speranza, della Religione e della Carità e agli Angeli festanti con rami di ulivo e palme nella fascia in finto marmo. Si deve, invece, all’architetto de Simone la scenografica struttura in legno dipinto a finto marmo che ha trasformato l'intera parte absidale. Ma il fulcro della Cappella è sicuramente l'altare barocco di Dionisio Lazzari, realizzato nel 1674 per la Chiesa di Santa Teresa agli Studi e trasportato nella Cappella Reale da Gioacchino Murat. Esso è infatti una preziosa opera in bronzo dorato, pietre dure, agate, lapislazzuli, onice, diaspri ed ametiste. La Cappella fu danneggiata dalle bombe nel 1943 ed è tuttora in restauro, ma conserva ancora opere rilevanti ed è oggi adibita a museo; vi sono esposti il prezioso Presepio del Banco di Napoli, un Cristo Risorto in bronzo dorato e attribuito al Vinaccia, San Michele che abbatte i demoni di un ignoto autore trapanese, due bassorilievi in bronzo ed agata di Francesco Righetti raffiguranti Ferdinando di Castiglia e Francesco di Paola, e infine una pianeta in pekin bianco e rosa dono di Ferdinando di Borbone e recante le sue iniziali.
I Giardini Reali
L'area dei Giardini è stata adibita al verde già dal XIII secolo al tempo della dinastia angioina.
Nel periodo dei viceré è stata invece sistemata a parco e arricchita con statue, viali e "giardini segreti". Nella metà del XIX secolo l'architetto Gaetano Genovese condusse i lavori di ampliamento e restauro del palazzo, e affidò i giardini alle cure del botanico Federico Corrado Denhart, il quale inserì numerose magnolie, lecci e piante rare, quali ad esempio la Persea Indica, la Strelitzia Niccolai, la Cycas Revoluta. Fu così che il Giardino acquistò un nuovo aspetto "all'inglese" e divenne meta ambita dei visitatori. Alle trasformazioni ottocentesche dobbiamo anche l'inserimento di una cancellata in ferro a lance a punta dorata che introduce a un viale delimitato dalle statue dei Palafrenieri, donate dallo Zar Nicola I e più note col nome di Cavalli di Bronzo, e inoltre un altro giardino di piccole dimensioni: Il Giardino d'Italia, sul lato di Piazza Trieste e Trento, che è decorato con camelie e "palme di San Pietro" e presenta al centro L'Italia, scultura marmorea di Francesco Liberti. In fondo ai Giardini vi sono le Scuderie Ottocentesche, fiancheggiate dal maneggio degli anni '80 di quel secolo e adibite attualmente ad uso espositivo.





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